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Ieri ho visto un film-documentario bellissimo: “Searching for sugar man”.
È la storia di Sixto Rodriguez, un cantante di Detroit scoperto in uno di quei locali squallidi e fumosi da due discografici.
Sono gli anni Settanta, i suoi testi graffiano la pelle e il cuore.
Gli fanno incidere due album che, per le assurde leggi dello show-biz, non hanno alcun successo.
In qualche modo, un suo Lp – “Cold fact” – arriva in Sud Africa.
Sono gli anni delle repressioni violente e della censura dell’Apartheid.
Le sue canzoni si diffondono clandestinamente tra i giovani, ispirano addirittura i moti di ribellione, ne diventano l’inno.
Ma di Rodriguez non sanno nulla, sono convinti, anzi, che sia morto, che si sia suicidato dandosi fuoco.
Lui, in realtà, fa il manovale e altri lavori pesanti, di quelli che nessuno voleva fare, in una cittadina vicino Detroit e ignora completamente che in Sud Africa abbia più successo dei Rolling Stones, dei Beatles e di Elvis Presley.
Un giornalista sudafricano e uno dei suoi più grandi fan, determinati a sapere di più sulla sua storia, dopo ricerche estenuanti e che sembravano senza speranza, non solo lo trovano, ma scoprono che è ancora in vita.
Rodriguez, a metà degli anni Novanta, vola per la prima volta in Sud Africa e tiene il suo primo concerto.
E lì, ragazzi, si piange di emozione e di gioia.
Ve l’ho raccontata perché è una favola vera piena di magia, musica e speranza e, si sa, che di queste cose abbiamo tutti dannatamente bisogno.
F.Prisco