Telefonia fissa: obbligo di fattura ogni mese e non ogni 28 giorni

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Gli operatori della telefonia fissa dovranno rinunciare a un sistema di fatturazione che danneggia gli utenti

I principali operatori di telefonia fissa – Tim, Vodafone, Wind3 e Fastweb – non potranno più emettere fattura ogni 28 giorni ma dovranno farlo con cadenza mensile.

La fatturazione ogni quattro settimane consente alle società leader del mercato telefonico di “guadagnare” 2 o 3 giorni per ogni mese e dunque di emettere 13 fatture all’anno anziché 12, come invece dovrebbe essere.

Attraverso questo meccanismo le tariffe pagate dai consumatori aumentano in media dell’8,6% ogni anno.

Ma l’Authority per le comunicazioni (Agcom) ha detto basta.

Infatti, con una delibera dello scorso marzo [1] l’Autorità aveva già stabilito che la fatturazione ogni 28 giorni è consentita soltanto nel settore della telefonia mobile mentre è vietata nella telefonia fissa e nelle offerte cosiddette “ibride” (comprensive cioè dei servizi sia su fisso che su cellulare).

Le società telefoniche che hanno attuato questa spregiudicata politica commerciale avevano 90 giorni di tempo per mettersi in regola. Ma nessuna di loro lo ha fatto. Anzi, hanno impugnato la delibera davanti al Tribunale amministrativo regionale (Tar), la cui decisione è prevista per febbraio 2018.

Nonostante ciò, scaduti i tre mesi, l’Authority per le comunicazioni è andata avanti per la sua strada e con il provvedimento di ieri ha deciso di sanzionare Tim, Vodafone, Wind3 e Fastweb.

L’importo della multa deve essere ancora stabilito, ma può arrivare fino a un milione di euro.

L’iniziativa dell’Authority nasce anche dall’esigenza di evitare che questa modalità di fatturazione possa iniziare ad essere utilizzata anche in altri settori delle telecomunicazioni (a cominciare dai canali televisivi a pagamento).

Il problema non è legato soltanto ai maggiori costi complessivi che il consumatore deve sopportare a causa della fatturazione ogni quattro settimane ma riguarda anche la correttezza dei rapporti tra i gestori di telefonia e i loro clienti nonché la necessità che la concorrenza tra i vari operatori economici del settore sia effettiva – dunque a tutto vantaggio dei consumatori – e non soltanto apparente.

In effetti, le società colpite dal provvedimento dell’Agcom avevano informato la clientela circa la nuova modalità di fatturazione, ma non sempre in maniera chiara e trasparente.

È vero poi che il cliente può recedere dal contratto di telefonia – senza penali, né costi di disattivazione – a fronte di una modifica delle condizioni contrattuali effettuata unilateralmente dal gestore [2], ma questo diritto viene sostanzialmente vanificato dal fatto che tutti i principali operatori telefonici hanno adottato la fatturazione a 28 giorni. Insomma, chi esercita il diritto di recesso cade quasi inevitabilmente dalla padella nella brace.

E qui entra in gioco il problema relativo alla concorrenza.

Infatti, se diverse società dello stesso settore mettono in pratica una identica politica commerciale a danno dei consumatori (come in questo caso) è forte il sospetto di un cartello – cioè di un accordo – tra gli stessi gestori, che lede i diritti degli utenti e viola le norme sulla concorrenza.

Questa situazione anticoncorrenziale è stata segnalata da varie associazioni di consumatori ed è probabile che sulla questione intervenga l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust o AGCM) con una propria indagine.

note

[1] Delibera n. 121 del 15 marzo 2017

[2] Art. 70, comma 4 del Decreto legislativo n. 259 dell’1 agosto 2003 (“Codice delle comunicazioni elettroniche”)

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