Qual è l’orario minimo part time?

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La legge non stabilisce un numero minimo di ore per il contratto di lavoro subordinato a tempo parziale: a questo “vuoto normativo” suppliscono, però, i contratti collettivi, che prevedono dei tetti orari minimi per il dipendente part time. Bisogna però osservare che ci sono dei contratti collettivi nazionali che non prevedono un monte ore minimo per il tempo parziale:

  • il ccnl intersettoriale commercio, terziario, servizi, pubblici esercizi e turismo di Cifa e Confsal;
  • il ccnl alimentare e panificazione;
  • il ccnl acconciatura-estetica- centri benessere;
  • il ccnl artigiani e pmi.

Mancando una disciplina del lavoro a tempo parziale che consente l’assenza di un orario minimo, è possibile assumere un dipendente anche per farlo lavorare soltanto un giorno alla settimana, oppure soltanto per alcune settimane nel mese, o, ancora, per alcuni mesi nell’anno.

Tuttavia, bisogna prestare particolare attenzione: l’assenza di un orario minimo non consente la stessa flessibilità che invece consente il nuovo contratto di prestazione occasionale (nuovi voucher) o il lavoro a chiamata. Vediamo perché.

Orario minimo ma predeterminato

Nonostante i contratti collettivi elencati non prevedano un monte ore minimo per il tempo parziale, questo non significa che il datore di lavoro possa chiamare il dipendente quando vuole: l’orario part time, difatti, per quanto esiguo deve essere organizzato e deve esserci una continuità nello svolgimento della prestazione di lavoro.

Se, ad esempio, il lavoratore presta la propria attività per poche ore tutti i sabati, sicuramente la continuità dell’attività sussiste, per quanto l’orario sia ridotto; lo stesso vale nel caso in cui il dipendente lavori per una settimana al mese, o per pochi mesi all’anno.

I contratti di lavoro a tempo parziale che non dispongono un orario minimo, quindi, devono comunque indicare con precisione la collocazione delle ore di lavoro: l’accordo collettivo, in particolare, prevede che nel contratto di lavoro part time sia contenuta una puntuale indicazione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Variazione dell’orario di lavoro

Il datore di lavoro non può utilizzare il contratto part time “minimo” senza indicare l’orario di lavoro: non può quindi decidere di chiamare il lavoratore a sua discrezione, perché il dipendente deve conoscere in anticipo il suo orario. Pertanto, se il datore di lavoro non è in grado di stabilire quando potrebbe aver bisogno del dipendente, il contratto a tempo parziale senza il tetto orario minimo non è adatto, ma dovrà utilizzare il lavoro a chiamata (ricordando che il lavoratore non può avere più di 24 anni o meno di 55 anni), oppure il nuovo contratto di prestazione occasionale.

È comunque possibile ottenere un minimo di flessibilità, aumentando le ore di lavoro inizialmente previste da contratto, con l’inserimento di apposite clausole elastiche: le clausole elastiche, nel dettaglio, possono consentire sia l’aumento dell’orario di lavoro che la sua variazione. Queste clausole devono però essere previste in un’apposita pattuizione scritta, anche contestuale al contratto di lavoro.

Clausole elastiche e lavoro supplementare

Se le clausole elastiche comportano un aumento dell’orario di lavoro stabilito nel contratto comportano, secondo la maggior parte dei contratti collettivi, una maggiorazione della paga oraria.

Il contratto collettivo intersettoriale commercio, terziario, servizi, pubblici esercizi e turismo [1], ad esempio, prevede una maggiorazione del 15%. La maggiorazione non è dovuta se la modifica è definitiva e accettata dal lavoratore, o se richiesta da lui stesso. Il contratto collettivo prevede inoltre l’obbligo di preavviso di almeno 2 giorni lavorativi e che il lavoro supplementare non ecceda il limite del 25% della normale prestazioneannua part time.

Se gli accordi collettivi non prevedono nulla, si deve applicare una maggiorazione pari al 15%, secondo quanto stabilisce il testo unico sui contratti [2].

note

[1] Art. 156 Ccnl intersettoriale commercio, terziario, servizi, pubblici esercizi e turismo  Cifa e Confsal.

[2] D.lgs. 81/2015.

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