Poltrone di Stato, il governo cambia le regole. Con la nuova direttiva via libera agli imputati

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Nuova direttiva sui requisiti dei vertici delle partecipate: il Tesoro l’ha emanata due giorni prima dei rinnovi (ma la data è scritta a mano). Eliminate l’ineleggibilità e la decadenza dei condannati in primo grado o rinviati a giudizio per una serie di reati, prevista dalle disposizioni ora “superate”. Profumo, scelto per guidare Leonardo, a inizio marzo è stato rinviato a giudizio per usura bancaria. Descalzi rischia di andare a processo per corruzione

Una modifica in extremis per evitare imbarazzi. O una mossa successiva, decisa per correre ai ripari dopo le polemiche. Quel che è certo è che il Tesoro, a cavallo della pubblicazione delle liste per il rinnovo dei vertici delle grandi partecipate pubbliche, ha cambiato le regole sui requisiti di onorabilità dei manager di Stato. Facendo piazza pulita di quelli, rafforzati, che erano previsti dalla direttiva emanata nel 2013 (governo Letta) dall’allora ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. E spianando la strada alla nomina di Alessandro Profumo, rinviato a giudizio poche settimane prima con l’accusa di usura bancaria, alla guida di Leonardo–Finmeccanica al posto di Mauro Moretti. Nonché alla conferma all’Eni di Claudio Descalzi, su cui pende la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione internazionale in Nigeria.
La direttiva con la data scritta a mano – La novità, come ha evidenziato Il Sole 24 Ore, è emersa solo mercoledì sera durante un’audizione del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan davanti a sei commissioni di Camera e Senato. Alla domanda se il Tesoro stia applicando “a intermittenza” la direttiva del 2013 in base alla quale sono cause di ineleggibilità e decadenza sia la condanna in primo grado sia il rinvio a giudizio per determinati reati, il titolare di via XX Settembre ha risposto “non è intermittente, solo che la direttiva Saccomanni a un certo punto è stata superata da un’altra”. E in effetti sulla pagina web del Tesoro dedicata alle partecipate è comparso, ultimo pubblicato tra i “riferimenti normativi“, un documento di due pagine intitolato “Direttiva relativa alle procedure di individuazione dei componenti degli organi sociali delle società partecipate dal Ministero”. La data, riportata a mano, è il 16 marzo 2017, due giorni prima delle nomine. Non è dato sapere quando il file sia stato creato, visto che nel file pdf questa informazione è stata cancellata. E’ disponibile solo l’indicazione dell’ultima modifica: il 20 marzo, due giorni dopo la pubblicazione delle liste.
Cancellata la parte sui requisiti per l’eleggibilità – Quel che più rileva, comunque, è il contenuto del nuovo documento, a cui Padoan non aveva fatto cenno durante la prima audizione sulle nomine che si è svolta il 22 marzo. Il testo riprende con parole praticamente identiche il punto “B” della direttiva Saccomanni, relativo alle procedure di selezione (pubblicazione entro gennaio delle posizioni in scadenza, supporto di “una o più società specializzate” nella ricerca e selezione di top manager, “istruttoria qualitativa e attitudinale” sui potenziali candidati). Ma elimina con un colpo di spugna il punto “A”, quello intitolato “Requisiti per l’eleggibilità“, che prevedeva tra l’altro, oltre alla “comprovata professionalità ed esperienza”, all’assenza di conflitti di interesse e all’esperienza pregressa in incarichi di responsabilità – necessaria per ottenere la carica di amministratore delegato – anche dei requisiti rafforzati di onorabilità.
La clausola etica mai inserita negli statuti – In particolare, il dipartimento del Tesoro chiedeva alle partecipate, da Eni a Poste, di “modificare i propri statuti inserendo la clausola di cui all’allegato alla presente direttiva”. Si tratta della famosa “clausola etica” in base alla quale “costituisce causa di ineleggibilità o decadenza per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni, dalle funzioni di amministratore, l’emissione a suo carico di una sentenza di condanna, anche non definitiva”, ma anche il semplice rinvio a giudizio, per i delitti previsti dalle norme che disciplinano l’attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme su mercati e valori mobiliari, dalle disposizioni penali in materia di società e consorzi. L’elenco continua con i delitti contro la pubblica amministrazione, il patrimonio e l’ordine pubblico e quelli tributari, il concorso esterno e l’associazione a delinquere, l’associazione di tipo mafioso, il traffico e la detenzione di stupefacenti. Va detto che le assemblee di tutte le grandi aziende pubbliche, con l’eccezione di Enel che ha peraltro alleggerito la clausola nel 2015, hanno respinto al mittente la richiesta di inserire questa disposizione nello statuto.

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