Luca Delgado risponde a Selvaggia Lucarelli

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“Gentile Selvaggia Lucarelli, sono un napoletano alla ricerca di visibilità e quindi in questo mio post, sfrutterò il suo notevole seguito con l’intento di mettermi in mostra. Premesso questo aspetto fondamentale della logica tossica della comunicazione su Facebook, che molto spesso trasforma ogni tentativo di controbattere a voi dell’olimpo degli influencer, in tentativi squallidi di noialtri di procacciarci pubblicità personale, mi piacerebbe poter rispondere al suo post/articolo sullo spot del Buondì e Enza, la “deficienza artificiale”.

“Lo faccio, sia chiaro, non perché mi senta offeso dalle sue parole. Certo, in quanto napoletano dovrei esserlo, in quanto napoletano sono permaloso, vittimista e assolutamente non autoironico, ma la sorprenderò dicendole che davvero non mi offende nulla di quanto scrive. Però offende molti napoletani.

Le scrivo per offrirle la possibilità di comprendere che cosa spinge un napoletano a sentirsi offeso dallo spot Buondì Motta. Glielo spiego perché su altri argomenti ha sempre mostrato una certa sensibilità, sul razzismo, sul sessismo, sul body shaming, sul bullismo, se ci sono categorie discriminate lei è sempre in prima linea a difenderle, si consuma i polpastrelli in difesa di chi si sente offeso e in generale delle vittime di discriminazione.

Invece con Napoli e con i napoletani si diverte a fare l’esatto contrario, come se tutto a un tratto da super intellettuale e maestra del politically correct, si trasformasse in una bimbominkia cyberbulla con pruriti adolescenziali.

Lo fa, ma potrei sbagliare, perché probabilmente non ritiene che i napoletani siano vittime di discriminazione o più semplicemente perché la infastidisce che un napoletano si senta offeso nel vedere il nome della propria città associato a qualcosa di negativo, anche in contesti apparentemente innocenti come la pubblicità in oggetto. A quei napoletani che si offendono, lei chiede né più e né meno di stare zitti e li accusa di essere permalosi.

Pensi, sono le stesse accuse che un bianco muove a un nero, quando quest’ultimo prova a denunciare un comportamento o un termine anche solo velatamente razzista, sono le stesse accuse che un uomo muove a una donna, quando quest’ultima prova a denunciare un comportamento o un termine anche solo velatamente sessista. Lei si comporta come loro, di fronte a chi prova a dirsi offeso lei esercita il suo bel potere da millemilardi di followers e scrive un intero post per dire, in buona sostanza, state zitti, non fate i permalosi! E lo fa oltretutto con un tono canzonatorio, sarebbe più corretto dire che lo fa prendendoci per il culo.

Prima di spiegarle il perché è in errore, ricordo a tutti di mettere “Mi piace” a questo post e cliccare sul tasto “segui”, ricordatevi anche che mi chiamo Luca Delgado e che sono alla ricerca di pubblicità.

Lei non può negare che esista razzismo contro i napoletani. Parlo delle offese, delle ingiurie, delle case non affittate ai napoletani, parlo dei pregiudizi contro quei migranti che andavano a lavorare al Nord negli anni ’50 e ’60, delle sofferenze e mortificazioni di chi era costretto a spostarsi per trovare uno straccio di lavoro.

Dire che queste cose sono superate, sarebbe come dire a un nero che la segregazione è stata abolita, proprio negli anni ’60 tra l’altro, e che non deve rompere le palle.

Dire che ci sono gli anticorpi a un razzismo antinapoletano oltre che non essere vero, è una cosa che solo un napoletano può dire. È come se lei, bianca, dicesse a un nero che non è vero che esiste razzismo in Italia.

Quei napoletani che negano che vi siano pregiudizi nei confronti dei napoletani sono molto spesso quelli che in virtù di quei pregiudizi fanno di tutto per smarcarsi dalla napoletanità. Raccontano di quando lavorarono a Modena nel 1976 e i modenesi gli volevano bene e gli offrivano pure il caffè. Sono i primi razzisti contro i napoletani. Parliamo cioè dei terroni da cortile, quelli che venivano chiamati in USA neg*i da cortile, quelli che ancora oggi cambiano l’accento quando vanno al Nord, davvero la sorprende che vi siano dei napoletani che le danno ragione? Sono le prime vittime della subalternità, molto spesso votano Lega per lo stesso meccanismo.

In virtù di questo razzismo subito, le assicuro che l’unica risposta possibile è proprio l’orgoglio. Lei mi insegna che le femministe hanno rivendicato la parità proprio con l’orgoglio, non hanno lasciato e non lasciano che passi nulla che minimamente accenni al sessismo, lo stesso hanno fatto le Black Panthers, lo stesso ha fatto e fa la comunità LGBT che non a caso chiama il proprio raduno annuale “Pride”, orgoglio.

E l’orgoglio, che vi sbattiamo in faccia, che non ci fa cedere nemmeno di fronte a una pubblicità della Motta dove la deficiente artificiale si chiama Enza e trasmette musica napoletana (neomelodica o meno non ci interessa) per rovinare la colazione a una bellissima famiglia italiana. Quell’orgoglio ci fa dire che non è giusto che una pubblicità di un prodotto usi il nome Napoli per rappresentare qualcosa di negativo. Capisco che la rivendicazione dia fastidio a chi non è napoletano, a voi che ve ne fotte, come danno fastidio a qualcuno gli omosessuali, le donne quando chiedono un utilizzo corretto dei vocaboli e che non si alimentino stereotipi, ma deve capire, signora Lucarelli, e se non lo capisce sarò legittimato a dubitare della sua intelligenza, che l’orgoglio è uno strumento sul quale ripiegare per poter riportare le cose in equilibrio, almeno dal punto di vista del linguaggio. I napoletani non sono il divertimento degli italiani.

Con orgoglio diciamo che Napoli è “stupendissima” perché per decenni è stato detto che Napoli era un cesso, il posto peggiore al mondo. Vantiamo giustamente i nostri punti di forza perché per troppo tempo in questo Paese si è raccontato dei napoletani come un popolo di camorristi. E nessuno di noi si è mai permesso di negare i problemi che la nostra città purtroppo ha, né si è mai permesso di nascondere che vi siano stati e vi siano dei napoletani dediti al crimine.

Ma lei, signora Lucarelli, voglio che lo sappia, sbaglia quando non comprende i motivi per i quali i napoletani non vogliono che il loro nome sia usato in contesti negativi, sbaglia nel non capire che se nel parlare di milioni di persone si usano pochissimi elementi e tutti negativi si finisce col somigliare molto a Matteo Salvini.

Ora può scegliere se continuare a voler imporre il suo punto di vista di milanese di adozione, o provare ad ascoltare e imparare qualcosa di nuovo.

Le ripeto, non mi sento offeso dal suo post/articolo, lei è soltanto l’ennesima connazionale convinta, dall’alto del proprio privilegio da nordcentrismo, di poter stabilire cosa dovrebbe offenderci e cosa no, di poter in sostanza insegnarci a campare.

Ma da chi non conosce nemmeno le basi della cultura del rispetto, soprattutto per le minoranze, come popolo non abbiamo nulla da imparare.

La saluto,

#lucadelgado

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