Di Maio: “Regole e trattati: “Le banche in crisi vanno nazionalizzate”

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Luigi Di Maio, lei è ora anche il nuovo leader politico M5S, cosa che ha sollevato critiche in alcuni settori del suo partito e che riduce l’influenza di Grillo. Che cosa farà il fondatore da questo momento?

Di Maio: "Regole e trattati, se la Ue non ci ascolta scatterà il si salvi chi può"
“La sua posizione sarà quella di garante delle regole del movimento. La mia posizione non servirà a cambiare il movimento, ma il Paese. È chiaro che il mio ruolo sarà quello di presentare delle liste, un programma e di portare avanti la linea del movimento. È questa la cosa fondamentale, che si associa al candidato”.

Secondo i sondaggi, avete circa lo stesso numero di elettori del Pd. Ma nelle sue primarie hanno votato 37.000 persone, mentre a quelle del partito di Matteo Renzi hanno partecipato 2 milioni di persone. Sembrano poche per poter parlare di democrazia interna.
“Nel Pd vota chiunque, non c’è bisogno di essere un militante. Inoltre, c’è stato ogni genere di irregolarità, ma non voglio fare polemiche. Nel nostro caso, votano le persone storiche iscritte alla piattaforma da sempre. Ognuno rappresenta una comunità lavorativa nel territorio. Ed è un voto online, un metodo innovativo a costo zero. Ad agosto abbiamo avuto alcuni problemi con gli attacchi informatici, ma li abbiamo risolti. Ciò detto, quello che ci deve interessare non sono i numeri delle primarie, ma quelli che raccoglieremo alle prossime elezioni”.

Lei ha 31 anni e un solo mandato di esperienza politica. Se vincesse le elezioni, sarebbe il primo ministro più giovane della storia italiana. Come supplire a questa mancanza di esperienza?
“Ho visto governare della gente con 30 anni di esperienza politica e questo non garantisce nulla. L’esperienza politica non significa rimanere per decenni nelle istituzioni, che spesso ti fanno perdere il senso della realtà. Sono vice presidente della Camera da quando avevo 26 anni. L’esperienza in Parlamento di questi anni è stata preziosa. L’esperienza, la capacità e la competenza sono fondamentali, ma non sono niente senza una sensibilità politica. I tecnici hanno dimostrato in Italia che con la sola esperienza si possono fare molti danni su temi come quello dei pensionati, a cui hanno distrutto la vita”.

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Secondo le regole del M5S, si può rimanere in politica solo per due mandati. Uno lo ha già fatto. Quindi, se fosse eletto, potrebbe restare per una sola legislatura. Questo non farebbe di lei un primo ministro di transizione?
“Non sarò un primo ministro di transizione, perché non abbiamo mai pensato di restare eternamente in politica. La politica è stata distrutta dal considerarla una carriera. Se la consideriamo come un mandato limitato, un contratto a tempo limitato con i cittadini per ottenere dei risultati, hai più fretta di realizzarli. Detto questo, il governo del M5S avrebbe 5 anni per fare le cose, e deve farle in quell’arco di tempo. Non possiamo chiedere un’altra scadenza dopo 5 anni per finire”.

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Il vostro elettorato è fedele e resistente. Ma per raggiungere la maggioranza, dovrete convincere il settore imprenditoriale, le classi medio-alte, la Chiesa… Lei è già stato a Cernobbio e mantiene rapporti con il Vaticano. Il M5S, dunque, ha bisogno dell’establishment per governare?
“L’establishment ha perso molto potere in Italia. Oggi ci sono delle grandi lobby che condizionano la vita dei partiti. Ma credo nel primato della politica. Parleremo con tutti, rispettando la diversità. Ma con la consapevolezza che è la politica a decidere. Pensi all’influenza che ha oggi la lobby delle banche in Italia, che gli ha dato miliardi di euro per i salvataggi senza chiedere nulla in cambio. Queste banche devono essere nazionalizzate, erano soldi dei contribuenti. Questo è un modello di Stato che non è liberale, comunista, socialista… è inginocchiato davanti ad alcuni poteri. L’establishment, come lo si intendeva 10 anni fa, non esiste più”.

Ma dovrà convincere i tradizionali poteri forti italiani.
“Non dobbiamo convincere nessuno. Se questo paese vuole cambiare, ha tutti gli strumenti per farlo. Il referendum italiano lo ha dimostrato: l’establishment italiano era tutto per il Sì, tutti i media lo sostenevano. Ma ha vinto il No con il 60%. Tentare di convincere queste lobby è sottomettersi a loro. Puoi vincere, ma non cambierai nulla”.

Queste lobby sono preoccupate anche per la vostra visione dell’Europa. Che vantaggio ci sarebbe nell’uscire dall’euro, come voi sostenete, se non vengono accolte le vostre richieste di riforma su decine di trattati?
“Non si deve ragionare in termini di benefici. Ma è possibile trarre benefici dal fatto che si rivedano alcuni trattati, come quelli sul fiscal compact, gli eurobond, gli scambi commerciali con alcuni paesi che ci privano di competitività perché hanno standard più bassi in termini di lavoro e di sicurezza… È un beneficio chiedere alla Bce di non fare politica solo per la finanza, ma per i territori: creare strumenti di credito per lo sviluppo. E poi il problema dell’euro sarà legato a un’Unione europea che non vuole ascoltare. Arrivati a quel punto, si salvi chi può. Se questa è la linea dei trattati europei nei prossimi dieci anni, l’Italia non ne uscirà bene. Il nostro obiettivo è quello di salvare il Paese”.

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© El Paìs / LENA ( Leading European Newspaper Alliance) traduzione di Luis E. Moriones

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