Addio canone Rai:

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Potremo finalmente dire addio al canone RaiEcco la nuova legge in arrivo. L’iniziativa nasce da due parlamentari del Movimento 5 Stelle (Gianluigi Paragone e Maria Laura Paxia) del Movimento 5 stelle ed era stata anticipata nei giorni scorsi dal vicepremier Luigi Di Maio, che però aveva parlato di una «drastica riduzione». Il disegno di legge invece punta ad una totale abolizione di questa tassa odiata da molti italiani.

La Lega sembra appoggiare la proposta dei compagni di governo ed anzi sottolinea che è stato il M5S ad adeguarsi alla «battaglia storica del Carroccio»; precisa però che la Rai nonostante l’abolizione del canone dovrà mantenere la sua fisionomia pubblica, senza essere privatizzata.  Con queste premesse – salvi ripensamenti dei partiti di maggioranza o prossime crisi di governo, sempre possibili soprattutto in questa estate – l’approvazione potrebbe arrivare in tempi celeri, anche perché le due proposte viaggiano “in parallelo” cioè contemporaneamente alla Camera ed al Senato [1] in modo da superare la necessità del doppio passaggio.

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I proponenti hanno precisato che non è loro intenzione privatizzare la Rai, che continuerà ad essere un servizio pubblico; rimarranno dunque in funzione gli attuali apparati (consiglio di amministrazione, presidente, amministratore delegato e commissione parlamentare di vigilanza). Però la proposta di legge contiene anche la modifica del regime della pubblicità, per parificarlo a quello delle televisioni private. Attualmente la Rai può raccogliere meno pubblicità rispetto ai concorrenti privati proprio perché percepisce gli incassi garantiti del canone pagato dagli italiani. Con l’abolizione del canone diventa necessario eliminare anche il “tetto” pubblicitario che frena la Rai, in modo da consentirle un aumento degli incassi per renderla competitiva con le televisioni private, che non hanno limiti alla pubblicità.

Insomma la nuova Rai senza canone sarebbe ancora un’azienda di Stato, rimarrebbe in mani pubbliche e sotto il controllo politico, ma funzionerebbe interamente secondo le logiche del mercato privato: un servizio pubblico nel regime e nella struttura, ma finanziato interamente con la raccolta pubblicitaria, con i soldi pagati dai privati per inserire gli spot nei programmi o per sponsorizzarli.  In questo modo l’azienda dovrebbe inserirsi nella concorrenza di tutti gli operatori radiotelevisivi e puntare esclusivamente sulla qualità del servizio e sugli introiti pubblicitari, senza più contare sui finanziamenti pubblici e sul vantaggio che il canone le dà rispetto alle tv private.

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Facendo i conti, i ricavi del canone ammontano a quasi 1,8 miliardi di euro all’anno e questa voce rappresenta i due terzi degli incassi totali della Rai: il resto deriva già dalla raccolta pubblicitaria. Inoltre lo Stato trattiene una fetta dell’importo del canone dei cittadini: su 90 euro, solo 75 confluiscono nelle casse della Rai (lo ha ricordato recentemente l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai). Quindi se si abolisse davvero il canone la Rai dovrebbe vivere di pubblicità ed essere autonoma ma lo Stato dovrebbe recuperare circa 300 milioni di euro finora prelevati dal canone e destinati prevalentemente al finanziamento di altre fonti di informazione.

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note

[1] Camera dei deputati: proposta di legge C 1983 presentata il 15 luglio 2019, prima firmataria on. Paxia. Senato della Repubblica: disegno di legge S 1417 presentato il 17 luglio 2019, primo firmatario sen. Paragone.

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