Giornalista? Ma mi faccia il piacere!…

Views: 0

erminio-de-biase

 

 

 

 

 

Erminio De Biase

Giornalista? Ma mi faccia il piacere!…

Napoli 8 giugno 2017

Mi giunge notizia che un certo Paolo Bargiggia, il 4 giugno scorso, abbia affermato che i napoletani siano “solo un popolo bue che merita la sottomissione: che sa solo godere delle disgrazie altrui. (In questo caso della juventus).”

Evidentemente, al giornalista dal viso coperto da una lanosità volutamente sovrabbondante con cui – forse – spera di nascondere l’espressione non certo… volpina del il suo volto, sfugge che il bue, è sempre stato emblema di forza, di pazienza, di lavoro, un animale solenne come un monumento che, come si legge in una poesia, infonde al cuore degli uomini pace e vigore. Un’icona positiva, insomma, non certo come quella di alcuni parassiti che, sempre per rimanere in ambito lirico, tiran quattro paghe per il lesso…

Probabilmente, l’irsuto lacchè bianconero ha ritenuto opportuno (s)parlare dei napoletani per non pensare alla recente squalifica biennale (dal 9 maggio 2017 all’8 marzo 2019) comminata a suo figlio Luca, attaccante del Pontedera (Lega Pro) risultato positivo a un metabolita della cocaina in un controllo effettuato al termine della gara Renate-Pontedera del 23 ottobre 2016? Per la cronaca, il figlio del conduttore Mediaset, in passato, aveva già subito una squalifica di 10 giornate per aver proferito insulti razzisti ai danni di un avversario di origine marocchina, Hamza Oubakent, centrocampista della Virtus Castelfranco [IL SECOLO d’ITALIA mercoledì 10 maggio 2017]. Come si vede, il razzismo è di casa nel loro DNA: buon sangue non mente!

Per cui, chiedo ai miei conterranei “buoi e sottomessi” che ogni anno rinnovano il proprio abbonamento: “Visto che razza di gente viene pagata coi soldi che versate alle reti Premium della Mediaset? Vale ancora la pena di foraggiare questi tipi? Rifletteteci, è un’occasione da non perdere: rispondete con dignità a questi parassiti non rinnovando, in massa, il suddetto abbonamento.”

Erminio  de Biase

La storia degli eBook

Views: 2

La storia degli eBook

di Andrea Patassini

Con una infografica proviamo a raccontare la storia dei libri digitali, così per tratteggiare sinteticamente la strada finora percorsa attraverso lo sviluppo tecnologico, le politiche commerciali e l’evoluzione culturale.

infografica_storia_ebook_def

Hanno isolato il Qatar

Views: 0

Potrebbe essere iniziata una nuova crisi in Medio Oriente, questa volta tra i paesi arabo-sunniti: si parla di frontiere chiuse, voli cancellati e rapporti diplomatici sospesi

Tamim bin Hamad Al-Thani

L’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad al Thani (AP Photo/Osama Faisal, File)

Questa notte diversi paesi arabi sunniti hanno annunciato di avere rotto i rapporti con il Qatar, anch’esso uno stato dove l’Islam sunnita è maggioritario, accusandolo di sostenere il terrorismo. È una notizia molto grossa, perché ha avviato la peggiore crisi degli ultimi anni tra alcuni dei paesi più importanti del mondo arabo. I paesi uniti contro il Qatar sono Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, a cui lunedì mattina si sono aggiunti lo Yemen, il governo della Libia orientale (quello non riconosciuto dall’ONU, e alleato di Egitto ed Emirati Arabi Uniti), oltre che le Maldive. Appartiene a questo gruppo anche il Bahrein, che nonostante sia un paese a maggioranza sciita è governato da una monarchia sunnita. Sunnismo e sciismo sono i due principali orientamenti dell’Islam: alle differenze dottrinali si sono aggiunte nel tempo rivalità politiche, che si sono intensificate a partire dalla rivoluzione iraniana del 1979, quella che portò all’istituzione in Iran di una teocrazia islamica guidata da religiosi sciiti (per approfondire il tema, qui).

Il Qatar ha risposto poco dopo, definendo la decisione «una violazione della sua sovranità». Non è la prima volta che si verifica una crisi del genere con in mezzo il Qatar: si era visto qualcosa di simile nel 2014, ma non a questi livelli di gravità. E ci potrebbero essere conseguenze su tutto il Medio Oriente.

qatar

Qualche effetto della decisione di questa notte, comunque, c’è già stato. La compagnia aerea Etihad, che ha sede ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, ha annunciato la sospensione dei suoi voli per il Qatar. Una decisione simile è stata presa anche da Flydubai, da Emirates e da Egypt Air. Allo stesso tempo Qatar Airways, la compagnia aerea del Qatar, ha annunciato la sospensione dei voli verso l’Arabia Saudita. Arabia Saudita, Egitto, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti hanno detto inoltre che lasceranno due settimane di tempo ai qatarioti per lasciare i rispettivi paesi, e chiuderanno i confini con il Qatar (e come si vede dalla mappa qui sopra sarà un grosso problema). Il personale diplomatico dei paesi coinvolti verrà ritirato dal Qatar e le forze armate qatariote verranno espulse dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita che sta combattendo in Yemen. La decisione di questa notte potrebbe anche minacciare il prestigio che il Qatar ha guadagnato a livello internazionale negli ultimi anni, grazie a una diplomazia molto attiva e poco schierata che tra le altre cose gli ha permesso di vincere la candidatura per ospitare i Mondiali di calcio nel 2022.

Cosa c’è dietro alla rottura
Nonostante la diffidenza verso il Qatar non nasca ieri, c’è stato un episodio recente che si può individuare come causa scatenante della reazione dei quattro paesi arabi. Alla fine di maggio l’agenzia di news statale qatariota attribuì all’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad al Thani, una frase molto contestata: «Non c’è saggezza nel nutrire l’ostilità nei confronti dell’Iran». L’Iran – paese a stragrande maggioranza sciita – è il principale nemico dell’Arabia Saudita ed è ostile a praticamente tutti i paesi arabi del Golfo, ad eccezione proprio del Qatar. Sauditi e iraniani sono impegnati su due fronti diversi sia nella guerra in Siria – dove l’Arabia Saudita appoggia i ribelli, mentre l’Iran sostiene il regime siriano di Bashar al Assad – sia nella guerra in Yemen – dove i sauditi appoggiano le forze governative, mentre gli iraniani sostengono i ribelli Houthi che controllano la capitale Sana’a. Secondo l’agenzia di news statale qatariota, al Thani avrebbe anche condannato l’inclusione dei libanesi di Hezbollah e dei palestinesi di Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche, definendo entrambi “gruppi di resistenza”, e non “gruppi terroristici”, scontrandosi anche su questo punto con le posizioni degli altri paesi arabi (dal 2012 in Qatar vive in esilio Khaled Mashaal, uno dei principali leader di Hamas).

Dopo la diffusione della dichiarazione di al Thani, l’agenzia di news statale qatariota si era giustificata dicendo di essere stata hackerata. In pochi però ci avevano creduto. Tra le altre cose, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti avevano reagito bloccando nei loro paesi l’accesso al sito di al Jazeera, il principale network del mondo arabo che ha base in Qatar e che è finanziato in parte dalla famiglia reale qatariota. Al Jazeera era già finita nel mirino di diversi paesi arabi negli anni scorsi, a causa del suo aperto sostegno ai Fratelli Musulmani, un gruppo politico-religioso che in passato ha sfidato il potere delle monarchie arabo-sunnite del Medio Oriente. Il caso più emblematico è quello dell’Egitto, dove nel 2011 le proteste anti-governative portarono alla caduta del regime autoritario di Hosni Mubarak e alla progressiva ascesa dei Fratelli Musulmani. Nel giugno 2012 Mohammed Morsi, uno dei leader dei Fratelli Musulmani, fu eletto presidente, ma il suo periodo in carica fu breve. Un anno dopo Morsi fu destituito con un colpo di stato organizzato da Abdel Fattah al Sisi, allora potente generale dell’esercito e oggi presidente del paese. Tra le altre cose, negli ultimi anni Sisi ha messo fuori legge i Fratelli Musulmani e ha arrestato centinaia dei suoi leader. Anche i giornalisti di al Jazeera hanno avuto un sacco di problemi in Egitto.

Il punto è che le dichiarazioni di al Thani, vere o false che siano, non sono state una cosa nuova, venuta fuori dall’oggi al domani. Come ha scritto Haaretz, «tradizionalmente la politica estera del Qatar è stata fatta mettendo le uova dell’emirato in molti cestini», ovvero molti piedi in molte scarpe. Nel corso degli ultimi anni la famiglia reale qatariota ha costruito una specie di impero, usando gli strumenti della diplomazia ed enormi investimenti. Per esempio, mentre sosteneva diversi gruppi estremisti islamisti, il Qatar manteneva relazioni ufficiali con Israele, che questi gruppi non li vede affatto di buon occhio; mentre cooperava con la Turchia nella guerra contro il presidente siriano Bashar al Assad, offriva i propri servizi come mediatore tra i gruppi ribelli anti-Assad e il regime siriano; mentre partecipava alla coalizione guidata dai sauditi a favore del governo dello Yemen, stringeva accordi di cooperazione militare con l’Iran, che come detto nella guerra yemenita sostiene i ribelli anti-governativi.

Tra le molte cose ancora poco chiare di questa storia c’è la risposta alla domanda: perché ora? La decisione di rompere i rapporti con il Qatar sembra avere preso alla sprovvista anche la maggior parte degli analisti che si occupano di politica regionale del Golfo Persico. Non c’è accordo su questo punto. Una delle ipotesi che stanno circolando di più – ma che appunto va presa solo come un’ipotesi, e non come una certezza – è che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti si siano sentiti incoraggiati ad aumentare la pressione sul Qatar dopo la visita di Trump a Riyadh, Arabia Saudita, due settimane fa (quella della foto di Trump con la sfera misteriosa, presa molto in giro su Internet): potrebbero avere percepito di avere le spalle più coperte, diciamo così, nel tentare di spingere il Qatar ad allinearsi con le politiche degli altri paesi arabi sunniti del Golfo, allontanandosi quindi dall’Iran.

La rottura riguarda anche gli Stati Uniti
Un altro capitolo della storia riguarda gli Stati Uniti. Il Qatar ospita una grande base militare americana e ha rapporti molto buoni con gli americani. Non è ancora chiaro quali conseguenze ci saranno per i militari statunitensi che sono in Qatar. Lunedì Rex Tillerson, il segretario di Stato americano, ha sostenuto che la decisione di questa notte non avrà effetti rilevanti nella guerra contro lo Stato Islamico – che è un’organizzazione sunnita, ma che non è sostenuta dai paesi sunniti del Golfo Persico – e ha invitato gli stati della regione ad appianare le loro differenze.

Tutta questa storia non è importante solo per le conseguenze che avrà nel medio-lungo periodo, ma anche perché mostra come abbia poco senso interpretare quello che succede in Medio Oriente guardando solo la contrapposizione tra sciiti e sunniti. All’interno di questi due gruppi ci sono molte divisioni, così come ci sono rapporti ufficiali e ufficiosi tra paesi dell’uno e dell’altro gruppo. Sempre Haaretz scrive: «I legami costruiti dal Qatar mostrano come gli interessi economici e nazionali siano più importanti della condivisione di fondamenti religiosi». Tutti quelli che si aspettavano un fronte comune di paesi arabi sunniti nemici dell’Iran e dell’estremismo islamista, per esempio Stati Uniti e Israele, dovranno probabilmente trovare un’altra strada.

http://www.ilpost.it/2017/06/05/qatar-isolato/

di Elena Zacchetti – @elenazacchetti

DON CIOTTI: «TOTÒ RIINA RIVELI I SUOI SEGRETI, LA DIGNITÀ PASSA DI LÌ»

Views: 0

 Don Luigi Ciotti interviene sul caso della sentenza Riina: “Venga curato, ma resti in condizioni di non nuocere. I domiciliari agevolerebbero il crimine”.

07/06/2017

La decisione della Cassazione che accoglie con rinvio al tribunale di sorveglianza il ricorso dei legali di Riina fa discutere. Quali riflessioni le suscita questa “apertura”?

«C’è chi ha letto nella sentenza della Cassazione un eccesso di indulgenza o perfino il segno di un disimpegno nei riguardi della lotta alla mafia. Premesso che l’attenzione al tema non deve mai venir meno, preferisco attenermi al merito della questione, che è certo giuridica, ma che chiama in causa anche altri fattori. Intendo dire che Totò Riina ha diritto, come ogni detenuto, di essere curato al meglio in carcere e, se necessario, in ospedale. Ma non bisogna dimenticare il suo peso criminale, che non è solo simbolico, e il diritto dei famigliari delle vittime ad essere rispettati e prima ancora riconosciuti nel loro dolore. Io ho la fortuna di conoscerne tanti: sono persone di grande dignità, animate dalla ricerca di verità e da una speranza incrollabile nella giustizia. Molte di loro s’impegnano per costruire una società più giusta. Non possono essere dimenticate».

Lo Stato di diritto non può essere vendicativo, ma deve trovare il giusto mezzo tra pietas e protezione dal pericolo. Il capo dei capi pur malato rappresenta ancora un pericolo?

«Lo Stato di diritto segue una logica di giustizia diversa ma non incompatibile con quella della misericordia a cui richiama Papa Francesco, una logica nata appunto per porre fine alla barbarie della vendetta. Quanto alla pericolosità di Riina, sarebbe da ingenui o da disinformati pensare che una detenzione agli arresti domiciliari non finirebbe per agevolarne l’attività criminale. Anche dal carcere è sempre lui a comandare, a dare indicazioni, come dimostrano anche le minacce rivolte a Nino Di Matteo e al sottoscritto. Quindi venga curato, si rivolgano al suo stato di salute tutte le attenzioni necessarie, ma sempre in una condizione nella quale non possa nuocere o nuocere il meno possibile».

Non solo le leggi dello Stato in caso di ergastolo ostativo chiedono di mostrare collaborazione per accedere ai benefici, ma pure il perdono cristiano presuppone un ravvedimento. Quanto conta nel valutare moralmente e in termini di pericolo l’assenza di ogni barlume di ripensamento?

«Le valutazioni della giustizia si limitano ai fatti, e nel caso di Riina i fatti dicono che non c’è stata alcuna forma di collaborazione. Quanto al ravvedimento, non si sono avuti nemmeno lì segnali di sorta. C’è sempre tempo, però. La sentenza della Cassazione parla di un «diritto di morire dignitosamente» che è sacrosanto, e che Riina realizzerebbe in pieno nell’incontro sempre schivato con la verità. Ci riveli i tanti segreti che porta con sé, le cause di tanto dolore, violenza, morte, e il suo morire sarà davvero un morire con dignità, se non nel perdono almeno nel rispetto».

Dignità e detenzione sono compatibili?

«Devono esserlo. Ce lo chiede la Costituzione, la legge dello Stato, all’art.27. Ce lo chiede l’essere la patria di Cesare Beccaria. Il grado di civiltà di un Paese di misura dalla qualità delle sue scuole, dei suoi ospedali e delle sue carceri. Qualche passo in avanti è stato fatto in tema di detenzione, ma la strada da percorrere è ancora lunga».

Dov’è Totò Riina adesso

Views: 3

Da un anno e mezzo sconta il 41 bis all’ospedale di Parma per i suoi problemi di salute, in condizioni simili a quelle del carcere

Guardia di Finanza - ospedale Parma

L’ospedale di Parma. (ANSA)

Da lunedì in Italia si parla molto della sentenza della Corte di Cassazione sulla detenzione di Salvatore “Totò” Riina, capo dell’organizzazione mafiosa “Cosa nostra” tra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, condannato a diversi ergastoli per omicidi e stragi, compresa quella in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, nel 1992. Riina, che fu arrestato nel 1993 dopo una lunga latitanza, ha 86 anni ed è molto malato: ha gravi problemi cardiaci, renali e soffre di parkinsonismo vascolare.

Attualmente Riina è ospitato presso la clinica universitaria di Parma, la città nel cui carcere sta scontando la pena: la sentenza della Cassazione si riferisce a una decisione del 2016 del tribunale di sorveglianza di Bologna, che decide sulle richieste di pene alternative alla detenzione in carcere presentate dai condannati. Il tribunale aveva negato il differimento della pena per Riina (cioè la sua sospensione o la sua trasformazione in arresti domiciliari) richiesto dal suo avvocato per gravi problemi di salute. Il tribunale di sorveglianza aveva quindi stabilito la compatibilità delle condizioni di salute di Riina con il regime carcerario a cui è sottoposto: la Cassazione ha però annullato la sentenza di Bologna, perché le sue motivazioni sono «carenti» e «contraddittorie» in alcuni punti. La Cassazione ha quindi deciso semplicemente che deve essere emessa una nuova sentenza, con motivazioni diverse.

Riina, a partire dalla metà degli anni Novanta, ha cambiato diverse volte carcere: prima era all’Asinara, in Sardegna, poi è stato ad Ascoli Piceno e dal 2013 è a Parma. È sottoposto – come la maggior parte dei boss mafiosi – al 41 bis, il regime di carcere duro inserito nell’ordinamento penitenziario italiano nel 1975, e che dagli anni Novanta è stato applicato soprattutto ai condannati per mafia (ma che può anche essere deciso per reati di terrorismo). In tutto, le persone che stanno scontando la propria pena con il regime di carcere duro in Italia sono oltre 700. La principale caratteristica del 41 bis è l’isolamento, che può essere di livelli diversi: nei casi più gravi, prevede che il condannato non interagisca con gli altri detenuti durante le cosiddette “ore d’aria”, e che abbia un numero molto limitato di telefonate e di incontri con i familiari e gli avvocati, uno o due al mese.

La cella di chi è condannato al 41 bis è singola, costantemente sorvegliata e i contatti con gli agenti penitenziari sono ridotti al minimo. È proibito tenere moltissimi tipi di oggetti personali, che devono essere approvati con procedure lente e macchinose. Il 41 bis non può essere assegnato senza limiti temporali ai detenuti, ma deve essere periodicamente rinnovato: questo perché è una misura legata alla pericolosità del detenuto, e non alla gravità dei suoi crimini. I rischi legati alle sue interazioni con le altre persone devono quindi essere valutati regolarmente, per verificare se sia necessario il carcere duro. Molte organizzazioni che si occupano dei diritti dei carcerati si oppongono al 41 bis, o almeno ad alcune sue applicazioni, sostenendo che violi i diritti umani. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è stata invocata in diverse occasioni, perché si esprimesse su questo tipo di pena. Per ora ha sempre stabilito la legalità del 41 bis, nonostante abbia dato precise raccomandazioni riguardo alla sua applicazione.

Il 41 bis di Riina fu in parte “ammorbidito” nel 2001, quando era ad Ascoli Piceno, e gli fu permesso di vedere alcuni detenuti selezionati durante il giorno. Dal novembre del 2015, Riina non si trova più nel carcere di Parma, ma è stato trasferito all’ospedale Maggiore per i suoi problemi di salute, dopo che a lungo varie sentenze avevano stabilito che dovesse rimanere in prigione. Come ha raccontato Salvo Palazzolo su Repubblica, nella sua stanza sono ammesse in tutto una ventina di persone, tra il personale medico e gli agenti di polizia. Le sue condizioni di salute lo costringono a stare costantemente sdraiato, e a ogni pasto viene aiutato a sedersi sul letto dagli infermieri. Riina, racconta Palazzolo, vuole assistere a tutte le udienze del processo sulla presunta “trattativa Stato-mafia”: le vede da una stanza speciale nel carcere di Parma, dove viene scortato ogni volta in ambulanza.

La stanza di Riina è piccola, di cinque metri per cinque, abbastanza nascosta e con una finestra, Riina non può tenere niente: ha fatto richiesta per un calendario, ma non l’ha ottenuto; una richiesta per una radio è invece stata approvata, ma dopo un anno Riina non l’ha ancora ricevuta. Ha anche chiesto di poter vedere la televisione durante i pasti, ricevendo risposta negativa, e non può leggere i giornali. Nel 2015 i giornali italiani dedicarono molta attenzione a una sua lamentela sul fatto che il giorno di Natale non gli era stato servito il panettone, raccontando l’episodio con toni molto coinvolti e manifestando un’indignazione evidentemente poco proporzionata al fatto in sé. L’avvocato di Riina, Luca Cianferoni, commentando la sentenza della Cassazione, ha detto: «Riina è lucidissimo, ma la situazione è ormai gravissima, finalmente è stata presa in considerazione dalla Cassazione con una sentenza che definirei storica, perché apre un varco per l’intero sistema»

Cosa ha detto davvero la Cassazione su Totò Riina

Views: 1

Né che Riina vada scarcerato né che le sue condizioni siano incompatibili col carcere

cassazione-totò-riina

La Corte di Cassazione lunedì 5 giugno ha pubblicato una sentenza sulle condizioni di detenzione di Salvatore “Totò” Riina, boss mafioso che dal 1992 è stato condannato a diversi ergastoli, arrestato nel 1993 dopo una lunga latitanza e in carcere da 24 anni. Totò Riina oggi ha 86 anni ed è malato; il suo avvocato ha presentato un’istanza al tribunale di sorveglianza di Bologna (dal 2013 Riina è detenuto a Parma) in cui chiede la sospensione della pena o almeno gli arresti domiciliari. Il tribunale di Bologna non ha accolto la richiesta. La prima sezione penale della Cassazione, con la sentenza numero 27766, ha risposto invece annullando con rinvio l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Bologna: questo non significa che per Riina sia stato deciso un differimento della pena ma che la decisione finale non è ancora stata presa.

Nel maggio del 2016 il tribunale di sorveglianza di Bologna – che decide sulle richieste di pene alternative alla detenzione in carcere presentate dai condannati – aveva escluso il differimento della pena per Totò Riina, dicendo che dalle relazioni sanitarie presentate emergevano sì le sue gravi condizioni di salute, ma non tali da rendere inefficace un intervento in ambiente carcerario. L’ordinanza diceva che il «continuo monitoraggio» di Riina aveva già portato a diversi suoi ricoveri in ospedale. Gli episodi di crisi cardiaca di Riina erano sotto controllo in carcere e «lo stato di detenzione nulla aggiungeva alla sofferenza della patologia, essendo il rischio dell’esito infausto pari e comune a quello di ogni altro cittadino, anche in stato di libertà». Infine, a sostegno del rigetto dell’istanza, i giudici di Bologna avevano presentato motivazioni che avevano a che fare con la notevole pericolosità di Riina e con le conseguenti esigenze di sicurezza e incolumità pubblica.

La Cassazione ha analizzato le motivazioni del tribunale di sorveglianza di Bologna e ha scritto che in alcuni punti sono «carenti» e «contraddittorie». Il solo fatto che il detenuto sia continuamente monitorato a causa della sua patologia cardiaca, che implica un pericolo per la sua vita, non giustifica il rifiuto del differimento della pena e non dimostra la compatibilità delle condizioni di salute di Riina con il regime carcerario: la motivazione del tribunale di sorveglianza è dunque «parziale», si dice, perché nel decidere il differimento della pena va considerato lo stato di salute generale del ricorrente. Nel caso di Riina va dunque tenuto conto della sua età, della duplice neoplasia renale di cui soffre, di una situazione neurologica compromessa, del fatto che non riesca nemmeno a mettersi seduto da solo. La Cassazione ha insomma ricordato che mantenere una persona in carcere nonostante il decadimento fisico può essere contrario al senso di umanità e dignità – prescritti dalla Costituzione senza eccezioni – e potrebbe risolversi in una detenzione inumana, vietata anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

L’ordinanza del tribunale di sorveglianza sarebbe poi contraddittoria, secondo la Cassazione, perché da una parte afferma la compatibilità dello stato di detenzione di Riina con il regime carcerario e dall’altra «evidenzia espressamente le deficienze strutturali della Casa di reclusione di Parma», dove Riina si trova, affermando che queste stesse deficienze sono però irrilevanti. C’è infine, per la Cassazione, un’ultima carenza nella decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna: non si spiega «con motivazione adeguata» come la pericolosità di Riina e «il suo indiscusso spessore criminale», che vengono riaffermati, possano e debbano considerarsi attuali «in considerazione della sopravvenuta precarietà delle condizioni di salute e del più generale stato del decadimento dello stesso». La Cassazione conclude che le eccezionali condizioni di pericolosità di Riina debbano essere basate «su precisi argomenti di fatto rapportati all’attuale capacità del soggetto di compiere, nonostante lo stato di decozione in cui versa, azioni idonee in concreto ad interagire il pericolo di recidivanza».

La Cassazione ha dunque annullato l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Bologna con rinvio: ha dato cioè un giudizio di legittimità sul caso e non di merito, affermando che il tribunale di Bologna dovrà verificare di nuovo, motivando adeguatamente, l’eventuale compatibilità delle condizioni generali di salute di Riina con la detenzione carceraria. E dovrà farlo tenendo conto, nei confronti di Riina, del rispetto dei criteri ribaditi dalla Suprema Corte e dei principi stabiliti dalla Costituzione.

Come usare WhatsApp come motore di ricerca

Views: 0

Con un piccolo trucco possiamo aggiungere un assistente virtuale a WhatsApp per fare ricerche su internet, conoscere le previsioni meteo e altro ancora.

Attraverso un piccolo trucco possiamo aggiungere a WhatsApp un motore di ricerca e trovare quello che ci serve direttamente all’interno dell’applicazione. Per farlo si utilizza un bot che funziona creando un contatto specifico nella propria rubrica.

I bot sono dei piccoli robot software che rispondono a determinate domande. I bot sono già utilizzati in diverse altre applicazioni di messaggistica come Messenger e Telegram. Per usarli anche in WhatsApp si utilizza una procedura che prevede l’uso della registrazione di un particolare numero di cellulare nella propria rubrica.

Per usare WhatsApp come motore di ricerca la prima cosa da fare, quindi, è andare nella rubrica dei contatti del proprio telefonino a aggiungere un nuovo contatto col numero +917397682861. Possiamo chiamare il contatto come preferiamo, ad esempio WhatsApp Bot.

A questo punto andiamo in WhatsApp e creiamo un nuovo Gruppo. Selezioniamo il contatto appena creato (nel nostro caso è WhatsApp Bot) e assegniamo un nome al gruppo (ad esempio possiamo chiamarlo Ricerca).

Ora per effettuare una ricerca non dobbiamo far altro che avviare una chat nel gruppo Ricerca e digitare un messaggio con Search seguito dal termine che vogliamo cercare su Internet. Il nostro bot effettuerà la ricerca su Bing e ci mostrerà il risultato.

Il primo risultato è preso da Wikipedia, poi ci vengono forniti altri quattro risultati. Sarà sufficiente digitare il numero corrispondente a quello che vogliamo visualizzare.

Questo simpatico bot offre la possibilità di fare ricerche sul web direttamente in WhatsApp. I risultati però sono in inglese e quindi occorre masticare un po’ la lingua. Il bot fornisce anche altre funzioni come la possibilità di iscriversi alle news. Trattandosi di un servizio offerto dal sito indiano duta.in le notizie non riguarderanno purtroppo il nostro Paese.

Il nostro bot, però, può essere utilizzato anche per altre richieste. Possiamo avere notizie meteo su una città digitando Weather seguito dal nome della città. Possiamo conoscere il cambio euro dollaro digitando finance EUR to USD. Possiamo anche effettuare operazioni aritmetiche utilizzando il comando calc seguito dall’operazione da eseguire (ad esempio calc 12578/43).

Arrivano lettere del fisco per il nero: come comportarsi

Views: 0

L’Agenzia delle Entrate spedisce le lettere per la compliance: non si tratta ancora di avvisi di accertamento, ma è necessario sapersi difendere.

L’Agenzia delle Entrate sta spedendo, ai contribuenti italiani, ben 100mila lettere per comunicare di aver rilevato redditi non dichiarati, in tutto o in parte, nel 2014. La comunicazione non è ancora un avviso di accertamento, ma un invito a regolarizzarsi, alla luce della nuova strategia di compliance, ossia di collaborazione, che ha sposato il fisco negli ultimi anni. Ma come ci si deve comportare e come ci si può difendere?

Se hai qualche scheletro nell’armadio delle dichiarazioni dei redditi – leggasi: redditi non dichiarati in tutto o in parte – è probabile che in questi giorni riceverai una delle centomila lettere che l’Agenzia delle Entrate sta spedendo per l’accertamento delle tasse evase negli scorsi anni. Ad essere interessati sono, in particolare, quei cittadini che, secondo i dati in possesso del Fisco, non hanno dichiarato nel 2014 redditi percepiti durante il 2013.

Le lettere vengono spedite con posta ordinaria o, in caso di società, ditte individuali, autonomi e professionisti, con la posta certificata (Pec). E (per la prima volta) tra i destinatari ci sono anche gli autonomi.

Non si tratta – come anticipato – di un avviso di accertamento (ragion per cui non c’è bisogno della raccomandata), ma di semplici comunicazioni con cui l’Agenzia avvisa che, dall’incrocio delle informazioni presenti nelle proprie banche dati, risultano delle somme non dichiarate, in tutto o in parte. I destinatari delle lettere, tra cui per la prima volta figurano anche titolari di reddito di lavoro autonomo, potranno quindi giustificare l’anomalia o presentare una dichiarazione integrativa e mettersi in regola beneficiando delle sanzioni ridotte previste dal ravvedimento operoso.

Viene quindi promosso un dialogo preventivo, con l’obiettivo di evitare che un errore o una dimenticanza possano trasformarsi, senza che il contribuente ne abbia consapevolezza, in un avviso di accertamento vero e proprio, che comporta il pagamento di sanzioni e interessi in misura piena. Una delle novità su questo fronte è che i destinatari di tali lettere potranno trovare nel proprio cassetto fiscale la dichiarazione 2014, pronta da integrare sulla base di un prospetto precompilato (disponibile solo per alcuni tipi di reddito) o del prospetto di dettaglio. Si potrà così fare le correzioni in modalità assistita, inviare l’integrativa e stampare l’F24 per versare gli importi dovuti.

La nuova strategia del fisco, detta compliance, consiste proprio in questo: l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione del contribuente le informazioni in suo possesso, dando così al cittadino l’opportunità di correggere spontaneamente eventuali errori od omissioni, anche dopo la presentazione della dichiarazione.

In quest’ottica, superando il tradizionale rapporto tra fisco e contribuenti, si favorisce l’adempimento spontaneo in relazione agli obblighi dichiarativi. Il contribuente, quindi, può regolarizzare la propria posizione mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa, il versamento delle maggiori imposte, degli interessi e delle sanzioni ridotte.

Quali sono i redditi accertati? Le anomalie riscontrate dall’Agenzia delle Entrate, per le quali sono in arrivo le lettere di compliace, attengono a:

  • redditi dei fabbricati, derivanti dalla locazione di immobili, imponibili a tassazione ordinaria o soggetti a cedolare secca;
  • redditi di lavoro dipendente e assimilati, compresi gli assegni periodici corrisposti dal coniuge o ex coniuge;
  • redditi prodotti in forma associata derivanti dalla partecipazione in società di persone o in associazioni tra artisti e professionisti e redditi derivanti dalla partecipazione in società a responsabilità limitata in trasparenza;
  • redditi di capitale derivanti dalla partecipazione qualificata in società di capitali;
  • redditi derivanti da lavoro autonomo abituale e professionale;
  • alcuni tipi di redditi diversi e redditi derivanti da lavoro autonomo abituale e non professionale;
  • redditi d’impresa con riferimento alle rate annuali delle plusvalenze/sopravvenienze attive.

Cosa fare? I cittadini che ricevono una di queste comunicazioni possono chiedere chiarimenti rivolgendosi a uno dei Centri di assistenza multicanale (Cam) dell’Agenzia, che rispondono ai numeri 848.800.444 da telefono fisso e 06.96668907 da cellulare (costo in base al piano tariffario applicato dal gestore), dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, selezionando l’opzione “servizi con operatore – comunicazione direzione centrale accertamento”. In alternativa, è possibile rivolgersi alla Direzione Provinciale di competenza o ancora a uno degli uffici territoriali della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate.

Prospetto precompilato e integrativa assistita. I contribuenti che ricevono una di queste comunicazioni troveranno indicati, in un dettagliato prospetto informativo, tutti gli elementi che hanno originato l’anomalia segnalata, ma un numero considerevole di contribuenti sarà indirizzato ad accedere a Fisconline per correggere la dichiarazione, direttamente online e in maniera assistita. Per la prima volta, infatti, nel cassetto fiscale sarà disponibile il link “scarica dichiarazione da integrare”, tramite il quale sarà possibile ottenere il file contenente la dichiarazione originaria presentata per il 2013. New entry nell’ottica di agevolare i cittadini anche il collegamento diretto “scarica il software di compilazione”, tramite cui i contribuenti potranno installare automaticamente il pacchetto UnicoOnLine necessario per richiamare la dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2013, importandola con l’apposita funzionalità, e integrare la dichiarazione, sulla base dei dati forniti con il prospetto di dettaglio. Per rendere il tutto ancora più semplice, nei casi in cui l’anomalia riscontrata riguarda redditi di lavoro dipendente e assegni periodici (quadro RC), redditi di partecipazione (se non è stato compilato il quadro RH) e altri redditi (se nel quadro RL del modello Unico Persone fisiche o nel quadro D del modello 730 non sono stati dichiarati redditi di capitale), verrà fornito anche il prospetto precompilato del quadro da rettificare o integrare. Una volta predisposta l’integrativa, il contribuente non dovrà far altro che inviarla e stampare l’F24 per il pagamento degli importi dovuti.

Facebook2k
585
X (Twitter)5k
Visit Us
Follow Me