Quali invenzioni servono per il puro piacere?

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Questa invenzione di un uomo sconosciuto del 1930.

Il dispositivo si chiama “delighter” e forse l’ha progettato per rendere felice sua moglie.

Trattandosi di una “macchina speciale”, non sappiamo se sia mai stata costruita, forse in un “ordine speciale” da un costruttore di macchine.

Dopo tutto, anche oggi ci sono “macchine” che servono a questo scopo, la maggior parte delle quali sono “fatte in casa”.

In ogni caso, il creatore del Delighter sembra aver pensato a tutto per non lasciare nessuna “cavità” vuota.

Li chiama Joy “Prangs”, espressione che trovo in rete come “torri del tempio”. Se è questo che intendeva – come le torri del tempio di gioia- allora era una persona anche molto gentile e poetica.

Cosa impedisce al robot di fare clic sul pulsante “Non sono un robot”?

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Il pulsante “Non sono un robot” è stato sviluppato da Google ed integrato nel loro servizio reCAPTCHA.

Questo servizio si occupa appunto di fornire a provider di servizi web (come ad esempio siti web) una modo per tenere alla larga sistemi software automatizzati creati con lo scopo di danneggiare i servizi stessi (come ad esempio registrazioni multiple a scopo di phishing).

Il pulsante in questione utilizza degli algoritmi di intelligenza artificiale, addestrati per differenziare gli umani dai “robot” tramite il riconoscimento dello “stile” di movimento del puntatore (mouse) o delle dita (nel caso di dispositivi con touch screen) sulla pagina Web.

Ebbene sì, le pagine ove questo pulsante è presente, tracciano in continuazione il movimento del cursore (o dita) analizzandone direzione e velocità ed eseguendo poi su questi dati precisi calcoli. I movimenti che noi umani effettuiamo sulla pagina non sono infatti ne casuali ne tantomeno geometricamente perfetti, ma sono unici e seguono certi schemi che algoritmi di machine learning riescono a riconoscere autonomamente. Gli algoritmi devono essere addestrati con dati reali di movimenti del mouse e probabilmente anche tu hai contribuito a tale addestramento semplicemente navigando su internet.

Praticamente è un Test di Turing (Test di Turing – Wikipedia) ma tu essendo umano non te ne sei mai accorto. E ciò è normale per gli esseri umani. CAPTCHA infatti sta per Completely Automated Public Turing-test-to-tell Computers and Humans Apart (CAPTCHA – Wikipedia).

Tuttavia, come ogni algoritmo basato sull’intelligenza artificiale, assieme al risultato dei propri calcoli, fornisce anche una percentuale di confidenza con gli stessi. Quindi, quando il pulsante ha dei dubbi sul fatto che tu sia o meno un “robot”, chiede altre prove e ti sottopone ad un altro Test ma questa volta un po’ più esplicito, mostrandoti delle immagini che difficilmente possono essere comprese da un’intelligenza artificiale, ma che tu puoi comprendere in un batter d’occhio.

Vuoi provare? Ecco qui una demo: ReCAPTCHA demo

Oltre ai movimenti sulla pagina, reCAPTCHA utilizza anche i dati inviati dal browser. Se il browser è “fidato” (ad esempio stai usando Google Chrome) e magari hai anche effettuato il login su Google con quest’ultimo, molto probabilmente sarà più sicuro della sua scelta e ti lascierà proseguire senza ulteriori verifiche.

Come suggerito da User-13754219784819182860 (che ringrazio) nei commenti, aggiungo qui “l’altro lato della medaglia” della tecnologia di verifica con selezione di immagini reCAPTCHA: “Alcune immagini mostrate non sono etichettate, e si sfrutta proprio l’utente per farlo ed aumentare così la già grande mole di dati etichettati in possesso di Google, aiutandolo così a sviluppare sistemi di riconoscimento immagini sempre più accurati. Paradossalmente in alcuni casi l’utente potrebbe cannare alcune scelte – quelle corrispondenti ad immagini per cui nemmeno la macchina conosce l’etichetta – e superare lo stesso il test.

Captcha e RECaptcha sono una genialata: far lavorare gratis gli utenti illudendoli che si tratti di un test, quando il vero test avviene col movimento del mouse.”

Riccardo Montanari · Ha studiato Ingegneria informatica presso Alma Mater Studiorum – Università di BolognaAggiornato in data 4 anni

“SE QUESTA E’ LA SECONDA CARICA DELLO STATO…”

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IL COMMENTO DEL DIRETTORE DE “LA STAMPA” ALLE PAROLE DI LA RUSSA: “SIAMO DI SOTTO AL LIMITE MORALE INFERIORE”

Confesso che Ignazio La Russa mi mette a disagio. Un limite mio. È un maschio del Novecento che non riesce a uscire dalla grottesca armatura di pece in cui è rimasto imprigionato da bambino. Gli piace fare il bullo. Ha cristallizzato il senso di sé ai milanesi anni Settanta di piazza San Babila. Se non fosse il presidente del Senato derubricherei la cosa a “problema mio”.

Invece La Russa è la seconda carica dello Stato. Regala la sua solidarietà pelosa al nostro Andrea Joly per le botte ricevute fingendo sdegno, liquida la Stampa col solito sarcasmo da capocomico e aggiunge: “non credo che passasse da lì per caso, trovo che sarebbe stato meglio che avesse dichiarato di essere un giornalista”.

Mi sfugge, presidente: per farsi menare di più o di meno? C’erano cento fascisti in mezzo alla strada a mezzanotte che cantavano a squarciagola canzoncine mussoliniane riempiendo l’aria di fumogeni. Cercavano privacy?

Al numero due dello Stato non la si fa, lui lo ha capito che Joly voleva fare il furbetto e che i picchiatori di Casa Pound gli hanno dato una memorabile lezione. Che pena.

Come avrebbe detto il mio professore di filosofia del liceo: siamo al di sotto del limite morale inferiore.

Andrea Malaguti

(da La Stampa – Ultime notizie di cronaca e news dall’Italia e dal mondo)

Marcello Veneziani, intellettuale di destra

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Ha da sempre suscitato discussioni e dibattiti con le sue posizioni politiche fortemente critiche nei confronti della classe dirigente italiana. Lontano da qualsiasi conformismo, Veneziani non ha mai avuto paura di esprimere il suo dissenso, anche nei confronti di chi, come Giorgia Meloni, rappresenta il suo stesso schieramento politico. A differenza di molti, il pensiero di Veneziani è spesso tagliente, provocatorio, e non teme di attaccare direttamente quelle che lui considera le falle del governo e della politica estera della Meloni.

In una recente intervista, Veneziani ha ribadito il suo scetticismo riguardo le scelte politiche della presidente del Consiglio, sostenendo che la Meloni abbia adottato un approccio che privilegia la fedeltà e l’appartenenza al suo “clan”. Un’osservazione che si estende alla sua classe dirigente, che, secondo lui, è “mediamente modesta”. A suo parere, la qualità del governo Meloni non sarebbe all’altezza delle sfide che il Paese si trova ad affrontare. Una critica che non risparmia nemmeno gli alleati politici della coalizione, con il quale considera che la situazione non sia affatto migliore. Per Veneziani, la politica estera è uno dei settori in cui l’esecutivo di centrodestra pecca di mancanza di visione e di spessore.

Il “problema doppio” di Veneziani, come lo definisce lui stesso, sta nella sua posizione di intellettuale di destra che si sente spesso ai margini della scena politica. Da un lato, il legame con la “mafia culturale” della sinistra, che definisce come il vero ostacolo alla libertà di pensiero e di azione in Italia. Dall’altro, la difficoltà di trovare una vera forza riformatrice all’interno della destra stessa, soprattutto considerando il livello, a suo avviso, mediocre della classe dirigente.

Veneziani ha sempre avuto un rapporto critico con il revisionismo storico e con l’interpretazione della storia italiana, soprattutto quando si parla di Mussolini. È particolarmente critico nei confronti dei libri che celebrano il fascismo, come quelli di Scurati, definendoli pieni di “errori” e interpretazioni tendenziose. Il suo pensiero, seppur spigoloso, solleva interrogativi sulle narrazioni ufficiali che, secondo lui, hanno ingabbiato la vera storia italiana.

Oltre a queste riflessioni politiche e storiche, il suo nome è stato anche associato a polemiche personali che lo hanno reso una figura tanto amata quanto discussa. Le sue battute, spesso pungenti, nei confronti della compagna di Meloni, Andrea Pascale, sono uno degli aspetti più controversi della sua persona. E non sono mancati i contrasti professionali, come il suo licenziamento da parte di Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, che ha accentuato la sua posizione di outsider nel mondo dell’informazione. La sua vita personale è stata altrettanto segnata da turbolenze: una separazione dalla prima moglie con tanto di libri bruciati, e le controversie legali che ne sono seguite, hanno finito per arricchire il suo profilo di intellettuale combattivo, ma anche di uomo dalle storie complicate.

Nonostante tutto, Veneziani ha sempre ritenuto che la sua posizione critica, tanto verso la destra quanto verso la sinistra, non fosse una forma di autoisolamento, ma una necessaria testimonianza di disincanto rispetto a una politica italiana che ritiene troppo poco seria e troppo legata alle logiche di potere. La sua figura, quindi, si inserisce in un contesto che va ben oltre le mere polemiche: è un osservatore acuto, forse un po’ solitario, ma sempre pronto a sollevare questioni scomode e a puntare il dito contro ciò che ritiene un sistema politico e culturale inadeguato.

GRATTERI LANCIA BORDATE CONTRO MELONI:

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IL PROCURATORE DI NAPOLI DEMOLISCE TUTTE LE RIFORME DEL GOVERNO DUCIONI: “NON AVEVAMO BISOGNO DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, MA DI UN’ITALIA UNITA”

ANCORA PIÙ DURO SULLA GIUSTIZIA: “DALLA CARTABIA A OGGI FAREI UN SOLO ARTICOLO: TUTTE LE RIFORME FATTE DA TRE ANNI A OGGI ANDREBBERO CANCELLATE. LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE NON SERVE A NULLA. NELLA LOTTA ALLE MAFIE IL GOVERNO STA FACENDO COSE INUTILI”

“Abbiamo bisogno di un’Italia unita e più forte. Sarebbe necessario, per esempio, nazionalizzare la sanità. Io non capisco niente, sono un pubblico ministero di campagna, ma da quello che sento in giro mi pare che proprio la sanità sia un settore in cui siamo messi male, visto che la Calabria, per esempio, é ridotta a fare venire i medici da Cuba”.

Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, rispondendo a Lamezia Terme a “Trame”, il Festival dei libri sulle mafie, ad una domanda sull’Autonomia differenziata. Gratteri, nel corso dell’iniziativa, ha presentato il suo libro di recente pubblicazione “Il grifone”, scritto insieme al giornalista Antonio Nicaso, che ha partecipato all’incontro in videocollegamento.

“Lo sapevamo già dieci anni fa – ha aggiunto Gratteri – che in Italia sarebbero mancati i medici. Ora mi chiedo perché nessuno adesso rintraccia il ministro della Sanità dell’epoca e gli chiede perché non si è intervenuti allora per risolvere questo problema. La verità è che abbiamo tutti la memoria corta perché viviamo alla giornata e nessuno fa programmazione, stabilendo di cosa c’è bisogno da qui a 5 o a 10 anni. Il dramma è proprio questo”.

«Dalla Cartabia a oggi farei un solo articolo: tutte le riforme fatte da tre anni a oggi andrebbero cancellate, non servono a nulla». Lo ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, già procuratore di Catanzaro, intervenendo a “Trame Festival” a Lamezia Terme: Gratteri, insieme ad Antonio Nicaso in collegamento, ha presentato il libro “Il Grifone” sottoponendosi alle domande della giornalista di “Repubblica” Giovanna Vitale.

«La separazione delle carriere – ha sostenuto Gratteri – non serve assolutamente a nulla rispetto ai problemi della giustizia. Io penso che gente con competenze e in buona fede deve preoccuparsi di cosa serve per far funzionare un processo, per velocizzare l’istruttoria dibattimentale o per tutelare le parti offese. Ogni anno su 100 magistrati solo lo 0,2% cambia funzione, e allora solo per lo 0,2% dobbiamo cambiare la Costituzione fatta sul sangue di milioni di italiani? E quale sarebbe la commistione tra giudice e pm? E non c’è la commistione tra giudice e avvocato? “Ho visto a cena il giudice e l’avvocato”.

E allora che facciamo? Io comunque non vado a cena né con il giudice né con l’avvocato… Il problema è un altro: in tutti i paesi del mondo dove c’è la separazione delle carriere il pm dipende dall’esecutivo… E non ci sarebbe l’obbligatorietà dell’azione penale o l’indirizzo. Il ministro Nordio ha detto che devono passare sul suo cadavere per far passare questa riforma, e io gli credo, gli auguro lunga vita: ma forse tra 15-20 non sarà più ministro e verrà un altro… Non mi tranquillizza la sua affermazione perché tra 30 anni non sarà ministro della Giustizia.

Nella lotta alle mafie – ha poi aggiunto Gratteri – «il governo sta facendo cose che non servono. La mia preoccupazione non sono i processi di mafia. Il legislatore quando pensa di fare la faccia brutta alza il massimo della pena, invece deve alzare il minimo della pena.

A me le cose che servirebbero come magistrato e cittadino sono le riforme procedurali, lo strumento per poter lavorare, una ricetta che serva per tutti i reati: quando si dice “siamo contro le mafie perché non abbiamo ceduto”. E perché? Era in discussione? Perché dovevi cedere? Dovrebbero fare delle modifiche contrare a quello che è stato fatto. Dalla Cartabia a oggi farei un solo articolo: tutte le riforme fatte da tre anni a oggi andrebbero cancellate, non servono a nulla. Salvo quelle di Orlando e anche quelle dei 5 Stelle che sono state modifiche importanti».

Critico poi Gratteri sulle scelte del governo in tema di intercettazioni: «La politica – ha osservato Gratteri – non ha capito o ancora non vuole capire, quando parliamo di intercettazioni: si continua a insistere che lei intercettazioni costano troppo. Il ministro Nordio dice che le intercettazioni costano troppo. Ripeto, le intercettazioni costano 170 milioni di euro l’anno, per tutte le procure d’Italia messe assieme i costi sono 170 milioni di euro. Nel bilancio di un ministero, 170 milioni di euro non sono nulla.

Perché si dice che costano troppo 170milioni di euro l’anno? Ma se il mio ufficio a Napoli in un giorno, in un solo processo, ha sequestrato criptovalute bitcoin per 280milioni di euro, li abbiamo tramutati in euro e sono entrati il giorno dopo nel Fug, Fondo unico giustizia, vuol dire immediatamente fruibili, il ministero li può spendere il giorno dopo.

Allora – ha aggiunto il procuratore di Napoli – se io in un solo giorno ho fatto incassare allo Stato 280 milioni di euro perché si dice il contrario? Dal punto di vista tecnico spiegatemi dove sono i costi e dove sono gli abusi. E’ inaccettabile sentire che facciamo le intercettazioni a strascico, non esistono: il fatto è che non abbiamo personale, mancano migliaia di unità tra le forze dell’ordine o nella polizia penitenziaria»

(da agenzie)